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JUST ANOTHER EXCHANGE STUDENT'S BLOG

travel is the only thing you buy that makes you richer

 Mi sono ritrovata per caso a rileggere i post di questo blog. Non li leggevo da tempo e non mi ricordavo che bella capsula del tempo fossero. Avevo circa 17 anni e ora ne ho quasi 22. Quante cose sono cambiate nel frattempo. Nel nocciolo, sono sempre la stessa ragazza, un po' ingenua e sognatrice, che vive di stupore e vuole provare ogni suo sentimento fino in fondo. Eppure, il mio intorno è così diverso. Le persone, i piani futuri, le prospettive; mi sento così cresciuta e così essenzialmente distante dalla bambina che scriveva quei post. Il mio anno negli Stati Uniti è stato davvero magico, un'esperienza irripetibile, che ha avuto un impatto incredibile su di me. Ero così contenta e spensierata e ricordo gli ultimi mesi lì come tra i più felici della mia vita. 

Provo un po' di nostalgia verso il ricordo delle emozioni che provavo in quel periodo. La vita ora è diventata così veloce e esigente. Sto crescendo e sento sempre di più il peso delle mie responsabilità; il pensiero del futuro mi assorbe e vivo ponendomi costantemente la stessa domanda, cosa potrei fare in più per essere migliore? Sono così concentrata sui miei obiettivi e sul futuro che alcune volte mi sento quasi un automa. Alla continua ricerca dell'eccellenza, tutto quello che faccio ha uno scopo ed è parte di un piano dettagliato che cerco di seguire scrupolosamente. Non mi do la possibilità di sbagliare, di farmi distrarre, di non rispettare le mie scadenze; né mi permetto di essere triste o provare emozioni negative che possa usare come giustificazione per rallentare il ritmo che ho pianificato. In questi ultimi mesi, infatti, alcune volte mi sono chiesta se per caso mi fossi lasciata prosciugare da questa voglia di perfezione. Alcune volte mi sono sentita troppo assorbita da me stessa, troppo egocentrica, eccessivamente concentrata sulla mia prossima mossa, al punto di dimenticare tutto il resto. Ci sono stati dei momenti in cui mi sono sentita così piena di me stessa da essere vuota, perché gli unici pensieri nella mia testa riguardavano i miei piani e i miei obiettivi e non esisteva altro. Mi sono sentita arida, incapace di perseguire intensamente alcuna emozione. E mi sono sentita noiosa, perché non sapevo parlare di altro, e distante dal resto del mondo perché ero troppo presa da me. Tutt'ora mi capita di sentirmi così, di tanto in tanto. Allo stesso tempo, però, mi sono sentita indistruttibile, intoccabile e con la profonda consapevolezza di poter contare unicamente e completamente su me stessa per qualunque cosa. Spesso racconto a me stessa di essere in grado di poter sopportare qualunque cosa, poi ridimensiono questa mia superbia provocandomi, magari semplicemente non hai mai provato un dolore abbastanza grande.  Mi è capitato varie volte di pensare che non mi piace molto la persona che sono diventata; è proprio difficile riuscire a tenere tutto in equilibrio ed è evidente che la fame di perfezione vada tenuta sotto controllo o si rischia di essere risucchiati dal tendere verso il raggiungimento di un qualcosa di irraggiungibile. 

Un respiro profondo, mi ripeto, rallenta. Il bello e lo spaventoso del futuro è che potrebbe essere qualunque cosa. Io credo che niente accada per caso e se sono così volenterosa è perché voglio avere il controllo sulla mia vita e poterla plasmare a mio piacimento. Di nuovo, mi rendo conto del mio tono presuntuoso e un po' mi dispiace accettare questo mio cambiamento nel modo di vedere le cose. Non so se abbia solamente imparato che devo essere io stessa a farmi spazio nel mondo, o se sia diventata un persona più egocentrica ed egoista. In ogni caso, mi manca un po' quella ragazza senza pensieri e sempre allegra e leggera che ero durante il mio anno negli Stati Uniti. Come ho già detto, di fondo sono la stessa ingenua e sognatrice, però ogni giorno sono un po' più consapevole del precedente, e la consapevolezza viene con un costo.

Questo post è il frutto di una serata in cui ho ritagliato del tempo per stare con me stessa. Non ha uno scopo, se non quello di condividere quello che mi passa per la testa, per congelare questi sentimenti nel tempo. Alcune volte è proprio benefico darsi il tempo di riflettere su come si sta. Mi è successo più volte di scrivere delle bozze in questo blog da custodire gelosamente in privato. Anche questi pensieri li ho iniziati a scrivere pensando di tenerli per me, ma poi ho cambiato idea perché un po' mi intriga che qualcuno possa leggere delle mie considerazioni così personali e private e un po' perché vorrei che qualcuno mi rassicuri e mi dica che è normale e sto solo crescendo.

Buonanotte a chiunque abbia letto.

Ciao a tutti!
Vi avevo lasciati con la promessa di aggiornare il blog, eppure eccomi qua a scrivere con quasi un anno di distanza dall'ultimo post.
Oggi non sono qui per raccontarvi della mia esperienza: dato che è periodo di partenza per i nuovi exchange students, ho pensato di -come avrete potuto capire dal titolo del post- darvi qualche consiglio sull'anno all'estero.

  1. Siate aperti a tutto e tutti- dimostratevi sempre pronti a nuove amicizie, nuove esperienze, nuove possibilità. Siate sempre solari e sorridenti. Fatevi coinvolgere dallo spirito della scuola, prendete parte in qualsiasi tipo di attività scolastica, provate tutto ciò che la vostra scuola ha da offrire, o potreste tornare a casa con il rimpianto.
  2. Non abbiate paura - non abbiate paura di essere i primi a chiedere di uscire, non abbiate paura di andare a presentarvi a qulcuno, non abbiate paura di fare amicizia, non abbiate paura di dare fastidio, non abbiate paura di chiedere e fare domande. Vi assicuro che la maggior parte delle persone è incuriosita da voi, vuole conoservi e saperne di più sulle vostre vite. Sembra banale dirlo, ma siate voi stessi e andrà tutto bene.
  3. Siate grati- tenete sempre a mente quanto siete fortunati nel vivere quest'esperienza. Ricordatevi di ringraziare sempre la vostra famiglia ospitante per ogni cosa e non date mai niente per scontato.
  4. Provate tutto- questo ve l'ho già detto, ma, davvero, provare tutto è, secondo me, una della cose più importanti. Andate a tutte le partite di football, di basket, baseball, o di qualunque altro sport, andate a tutti gli spettacoli, i concerti, i balli, tutto ciò che la vostra scuola organizza. Cercate di non rimanere mai da soli a casa a non fare niente e di non sprecare le vostre giornate.
  5. Non importa se non vi sentite sicuri del vostro inglese- se non siete sicuri di una parola, ditela lo stesso, ai vostri amici americani non importa e capiscono che l'inglese non è la vostra prima lingua; voi magari vi sentirete in imbarazzo per qualche momento, ma fra qualche mese ci riderete su. Non state zitti per paura di sbagliare, buttatevi sempre.
  6. Uscite da tutti i gruppi di whatsapp con altri exchange students- lo so che è bellissimo diventare amici con altri ragazzi nella vostra stessa situazione, che stanno provando le vostre stesse emozioni e vi capiscono, ma il mio consiglio è di uscire da tutti quei gruppi una volta arrivati dalla vostra famiglia ospitante. Ogni esperienza è diversa e magari vi potrà sembrare che i vostri amici si stiano trovando meglio, o che siano stati più fortunati di voi. Smettete di guardare quello che stanno facendo gli altri e pensate a vivere la vostra esperienza. Anche su Instagram, non date troppo peso a cosa stanno facendo gli altri e ricordatevi che Instagram non è la vita reale. Anche se dalle storie avete l'impressione che i vostri amici si stiano divertando da morire, non è detto che sia veramente così. Pensate al fatto che sui social di solito si postano foto e video che fanno sembrare la propria vita migliore di ciò che in realtà è. Non credete a tutto quello che vedete. Sì, tenetevi in contatto con altri exchange students, ma smettetela di comparare la vostra esperienza a quella degli altri.
  7. Lasciatevi indietro la vostra vita in Italia- non voglio assolutamente dire di tagliare tutti i rapporti con i vostri amici italiani. Ovviamente, tenetevi in contatto (con moderazione però, fate attenzione a non vivere troppo a cavallo tra le due vite). Il punto di questo consiglio è che dovreste cercare di non pensare troppo a ciò che succede in Italia, o non riuscirete a concentrarvi sulla vostra nuova vita. Non pensate a ciò che vi state perdendo in Italia, piuttosto pensate a tutto ciò che state guadagnando da quest'esperienza. Pensate a vivere la vostra nuova vita.
  8. Fate amicizia con le persone del posto- se vi trovate in una scuola grande, è probabile che ci siano tanti altri exchange students da tutto il mondo. Fate amicizia con loro, ma non dimenticatevi di farvi anche amici americani. Le amicizie sono una parte fodamentale di quest'esperienza.
  9. Vivete quest'anno - sì, questo è il vostro anno. Vivetelo appieno. Vivete ogni giorno e siate sempre grati di quest'opportunità. Però vivetelo senza pressione: molto spesso si sentono ragazzi dire che il loro anno all'estero è stato l'anno più bello della loro vita, dunque tanti ragazzi partono con l'aspettativa che questo sarà il migliore anno della loro vita. Non è detto che lo sia e non è sempre così. Questo non deve essere l'anno più bello. Come vi ho già ripetuto, ogni esperienza è diversa. Pensate a voi stessi quest'anno, senza guardare gli altri.

Chiudo questo post augurando il meglio a tutti i miei lettori che stanno per partire o sono appena partiti. In bocca al lupo per quest'esperienza.
Un in bocca al lupo speciale va a Lulù, che è appena partita per il suo anno all'estero in Indiana e mi ha fatto venire l'ispirazione per scrivere questo post.

Alla prossima,
Fran










27 settembre 2017

50 giorni fa ho lasciato la mia casa, la mia famiglia, i miei amici, la mia Italia. Ho lasciato tutte le mie abitudini, le mie certezze e tutto ciò che mi è sempre stato familiare per iniziare una nuova ita, una nuova avventura.
Sì, mi manca, mi manca tutto. Le piccole cose, non avere il bisogno di farsi spiegare le cose più volte, sapere cosa fare in ogni situazione, andare in giro e vedere volti che riconosco, la spontaneità di dire tutto ciò che mi passa per la mente, non avere paura di non essere capita. 
Ed è normale, mi aspettavo tutto questo (anche se viverlo è diverso da "aspettarselo").
Come mi trovo?
Partiamo dalla cosa più importante per questa esperienza: la famiglia ospitante. Mi trovo veramente bene con loro, sono sempre disposti ad accompagnarmi ovunque e fanno di tutto per farmi sentire a mio agio e farmi felice.
A scuola va tutto bene (dovrei anche prendere il diploma ma non è ancora sicuro al 100%), le classi non sono difficili e non faccio fatica a capire i professori, anche se spesso non capisco gli interventi dei compagni. Il mio consiglio è di chiedere ai professori o ai compangni ogni volta che avete un dubbio, senza timore, sicuramente saranno contenti di aiutarvi.
Farsi amici non è facile. E' facile farsi dei "conoscenti", perché, probabilmente, come nel mio caso, i ragazzi saranno curiosi di conoscervi, ma farsi veri amici non è così semplice. Sì, io ho conosciuto un sacco di persone e mi sono fatta un sacco di "amici", eppure spesso mi sembra di non avere nessuno. Non è facile integrarsi in gruppi già formati, con persone che si conoscono da una vita e parlano una lingua diversa dalla tua, ma ci sto provando.
Fare uno sport qui è molto importante: 1. è il modo più facile per fare amici 2.non si ha tanto tempo libero e non si corre il rischio di restare a casa ad annoiarsi e a farsi venire la nostalgia 3. ci si mantiene in forma (o, incredibilmente, perderete addirittura peso come è successo a me) 4. vi rifarete il guardaroba di magliette, felpe e divise varie 5. è divertente
Io ho deciso di fare cross country durante l'autunno (qui gli sport vanno a stagioni, non si fanno tutto l'anno). Non mi è mai piaciuto correre, ma ho deciso di fare questo sport per provare qualcosa di nuovo o perché l'unica alternativa era pallavolo e meglio di no. Si corre ogni giorno tranne la domenica: dal lunedì al venerdì dalle 3:30 alle 6 (lunedì, mercoledì e venerdì doppio allenamento perchè si corre anche la mattina alle 6 prima di andare a scuola) e ogni sabato c'è una gara. Penserete "ma se non ti piace correre, perché continui a farlo?" Perchè adoro le ragazze della squadra, sono sempre carinissime con me e sono troppo simpatiche (e poi è l'unico sport in cui si organizzano pasta party ogni venrdì). Sfortunatamente, circa 3 settimane fa mi sono fatta male alla gamba e ancora sono con le stampelle. Impensabilmente, mi manca correre e non vedo l'ora di poter tornare ad allenarmi.
Una mia giornata tipo qui si svolge così:
sveglia alle 6.20 (o alle 5.20 se c'è una morning run)
faccio la doccia, mi vesto e verso le 7.30 mi portano a scuola
le lezioni iniziano alle 8.20, durano 46 minuti (sì, quarantasei minuti) e abbiamo 3 minuti tra una classe e un'altra. Ecco la mia schedule

Le lezioni finiscono alle 3.12. Vado nello spogliatoio, mi cambio e mi alleno fino alle 6. Poi, la mia famiglia viene a prendermi, vado a casa e faccio i compiti. Ceno presto e di solito verso le 10.30 sono a letto.
Mi sembra incredibile pensare di essere qui da così tanto. Per chi se lo stesse chiedendo, sì mi sto scordando l'italiano e ogni tanto uso google traduttore perché non mi ricordo come si dicono le cose in italiano. E alcune volte mi ritrovo a pensare in inglese o addirittura a contare in inglese.
Vorrei ringraziare tutti voi che mi leggete, che spendete anche solo un secondo per mandarmi un messaggio chiedendomi come va; le persone che non conosco che mi hanno scritto su instagram, perché mi fate sentire apprezzata e date un senso a questo blog; i miei amici, perché anche a migliaia di chilometri di distanza so che ci siete e la mia famiglia, perché mi mancate più che mai.

Un bacio dalla vostra Frannie
vi lascio qualche foto


country day della spirit week

character day della spirit week

homecoming

homecoming con le ragazze di cross country

football game

un altro football game

Holiday World nella città dell'Indiana dove è sempre Natale con gli altri exchange students

uno dei pasta party con le ragazze di xc

bonfire ad un compleanno

29/08/2017
Sì, lo so, sto scrivendo questo post con circa 20 giorni di ritardo, ma questi primi giorni negli States sono stati veramente pieni di impegni (poi vi racconterò in un altro post).
Come ho già ripetuto forse mille volte, sono partita l'8 agosto da Roma.
Se è stato difficile lasciare tutti e prendere quel volo? Sì, scontato. Quegli ultimi minuti infiniti, ma allo stesso tempo troppo brevi davanti all'ingresso del check-in passati ad abbracciare i miei genitori e le mie amiche, a ripetere a mia madre quei "sì mamma" con l'aria un po' seccata dopo ogni sua raccomandazione, a pensare a quante cose saranno cambiate a giungno, a quante cose mi perderò, a quanto mi mancheranno tutte le persone a cui voglio bene. Cerco di mandare via questi pensieri dalla mia mente, provo a sorridere e a rassicurare i miei genitori. Faccio finta di essere sicura di me, nascondo le mie incertezza dietro una risata...ma chi voglio prendere in giro? Come potrei non avere paura di saltare nell'ignoto?
Arriva anche l'ultima ragazza del nostro gruppo e con lei il momento dell'ultimo saluto. Un abbraccio veloce e mi affretto a seguire gli altri. Non ci credo, eppure sono in fila per il check-in di quell' aereo.

Dopo un'interminabile fila alla dogana, finalmente prendiamo le nostre valigie e saliamo su un autobus direzione Double Tree Hilton Hotel.
Arrivati in albergo, ci fanno consegnare i documenti importanti e ci dividono in gruppi (io ero nell'orange team) e camere da 3 (mi mancate Giorgia e Chiara).
La mattina del primo giorno siamo restati in albergo. Abbiamo fatto delle attività divisi in gruppi e ci hanno fatto vedere dei video, ribadendoci le regole per la millesima volta.
Dopo siamo andati (sempre in gruppi) a New York: siamo saliti sul World Trade Center, abbiamo visitato il 9/11 memorial, Central Park e siamo andati in barca fino alla Statua della Libertà.
Il giorno dopo siamo andati a fare colazione a Times Square in un posto di cui non ricordo il nome , poi ad Ellis Island e il pomeriggio ci hanno lasciato del tempo libero in un centro commerciale.
La sera riunione per ridarci i documenti e per dirci l'orario a cui scendere il giorno dopo.
Venerdì 11 alle 5 di mattina ho lasciato l'albergo per andare all'aeroporto di Newark.
Futuri exchange students con soli 23 kg a disposizione, in Italia non vi dicono niente se la vostra valigia pesa un po' più, ma a Newark vi fanno levare vestiti fino all'ultimo pound in eccesso. La mia pesava 5 pounds in più (2,2 kg) e ho dovuto levare due paia di scarpe e una felpa (la sacca di Youabroad mi ha salvato la vita, se siete indecisi se portarla o no, fatelo).
Mille controlli dopo, ho preso il volo per Chicago insieme ad altri ragazzi.
Il secondo aereo aveva 3 ore di ritardo, ma fortunatamente eravamo in parecchi a fare scalo a Chicago, quindi l'attesa è stata divertente.
Il volo per Champaign è stato il più emotional (scusate, mi sto già scordando l'italiano), circa 40 minuti nell'aereo più piccolo che abbia mai visto. Penso di aver realizzato davvero in quel momento, guardando le infinite pianure e l'immensità del Midwest americano. New York sembra una vacanza studio, quei 3 giorni sembrano non finire mai, persone che probabilmente non rivedrai più diventano amici, perché condividono le tue stesse paure e indecisioni, ti capiscono perché stanno vivendo esattamente le tue stesse emozioni. Mi sono sbagliata nell'ultimo post, la sensazione che si prova ad atterrare a New York è niente comparata a questa.
Eravamo in 5 su quell'aereo: Daria, Emanuele, io e altre due ragazze tedesche. Non ho parole per descrivervi cosa significa scendere e appoggiare il piede sulla tua vera prossima casa, sulla vera America. Troppo tardi per tornare indietro, sei lì, i tuoi piedi non più divisi tra Stati Uniti e Italia, ma solo da una parte. Vorresti urlare, scappare, rimandare, piangere e hai paura, eccome se hai paura. Ma non abbiamo fatto nulla di tutto questo. Siamo andati in bagno, ci siamo guardati allo specchio ("che penserà la famiglia vedendomi in questo stato?") e ci siamo calmati a vicenda. Un respiro profondo, risate nervose ed eccoli, ecco le famiglie ad aspettarci. Mi dispiace, davvero non so come tradurre quest'emozione in parole.
Siamo andati a casa, ho messo i vestiti nell'armadio e mi sono addormentata, per riaprire gli occhi in una nuova vita.

Probabilmente nel prossimo post vi racconterò qualcosa sulla scuola o cosa ho fatto in questo (quasi) primo mese (vi rendete conto?? Un mese!), se vi interessa sapere qualcosa in particolare commentate o chiedetemi in privato.
Baci,
Frannie


VLOG DI NEW YORK
Ginevra: https://youtu.be/G2FjoNQ9HKA
Claudia: https://youtu.be/Y0XUM5w9L_8
Susanna: https://youtu.be/IVDoUb2Lu_c

7 agosto 2017
Sto scrivendo questo post sulle note del telefono (perché il computer è già nello zaino) in un momento in cui non potrei permettermelo, perché ho ancora troppe cose da fare.
Voglio trascrivere queste sensazioni che sto provando a caldo, non sarebbe la stessa cosa scrivere fra qualche giorno e ,inoltre, non sono in grado di parlarne a voce, quindi scrivere è la mia unica valvola di sfogo.
Allora... un giorno, uno e basta, tempo scaduto.
Sono stata tranquilla tutta la settimana, fino a ieri sera. Da ieri sera è tutto diverso: sento che questa città non è più il mio posto, non voglio più averne a che fare (o almeno per ora). Basta, voglio solo partire, non ne posso più di aspettare, più aspetto, più mi viene paura.
Zero rimpianti: tutto questo è appena iniziato e già rifarei la scelta di partire altre mille volte.
Ho iniziato a sognare questo momento da così tanto tempo, ho aspettato così tanto, che ora che sono così vicina non riesco più ad attendere.
Vi ricordate tutti quei "ancora non riesco a realizzare"? Ecco, sono finiti.
Sono così emozionata che questa notte ho fatto fatica a dormire e mi sono svegliata con un buco allo stomaco. Sono così emozionata al punto di non riuscire a respirare, che al solo pensare a domani mi sento svenire.
Sto per uscire per l'ultima volta fino al prossimo giugno qui a Spoleto, cercando di catturare quei dettagli, quegli odori, quelle risate dei miei amici che so che tanto mi mancheranno.
E sì, sono felice. Felice di una felicità indescrivibile.
Felice di esplorare, di incontrare nuove persone, di mettermi in gioco, di scoprire, di sfidarmi.
Vi scrivo queste parole con il cuore che mi batte a mille.
È finita l'angoscia dei fogli da compilare e delle visite da fare; è arrivato il momento di dimostrare nel concreto. Ho letto e riletto le istruzioni, ora sono pronta per giocare.
Voglio ringraziare tutti coloro che mi sono stati vicini, che mi hanno supportata, che hanno creduto in me e che hanno fatto di tutto per rendermi felice. Tutti quelli che hanno speso anche un secondo del loro tempo per augurarmi un buon viaggio o per farmi un "in bocca al lupo".
Grazie a tutti.
Sono proiettata verso il futuro, sono consapevole e pronta, prontissima per questa nuova vita che mi attende.

8.08.2017
Sta per finire l'atterraggio. Cerco di sbirciare dal finestrino le prime immagini di un'America tanto sognata.
Sono felice. Mi scende una lacrima. Tutto questo è iniziato, sembra impossibile che siano passati mesi e mesi dallo scorso settembre.
Sì, finalmente sono qui; ho finalmente messo piede su questa terra che inizierò a chiamare casa.

Vi lascio con la promessa di aggiornare spesso il blog e con questa foto della bellissima festa a sorpresa che mi hanno organizzato i miei amici (mi mancherete un sacco, grazie ancora di tutto).


“ULTIMI GIORNI IN ITALIA”
Countdown a -17.
Quest’assenza di tempo è soffocante. Che dire?
Ultimamente non vedo l’ora di partire: qualche giorno fa ho fatto una videochiamata con la mia host mum ed era la prima in cui c’erano anche i miei genitori. Abbiamo parlato dei vestiti che devo portare, di quello che faremo i primi giorni, degli sport a scuola e degli ultimi fogli che devo compilare. Parlare concretamente di quella che sarà la mia vita per i prossimi mesi mi ha resa impaziente, impaziente di partire, di provare cose nuove, di sfidarmi e di dimostrare a tutti (me per prima) che sono in grado.
Oggi, 22 luglio, non sto scrivendo per un motivo preciso, non ho niente di particolarmente interessante da dirvi, mi sento solamente ispirata. In questo momento sono in pulmino con il mio sci club, direzione Les Deux Alpes, ultima fila, sono sdraiata perché ho un posto libero accanto a me, 8 ore di viaggio alle spalle e ancora un paio rimanenti, finestrino aperto, vento tra i capelli, musica (della radio, perché odio ascoltare la musica con le cuffiette), aria fresca e cielo azzurro, macchiato di soffice bianco, intorno a me verdi montagne francesi e puzza di cacca di mucca (incredibilmente, oggi ha un non no so che di poeticamente romantico anche la puzza). Come non essere ispirati da tutto questo?
Ho approfittato di queste ore infinite di viaggio per leggere, cosa che adoro, ma che non riesco a fare mai a casa. Questa volta ho optato per “Bianca come il latte, Rossa come il sangue” di Alessandro D’Avenia.
Leggere mi fa sempre uno strano effetto: ogni volta che finisco un libro mi sento un po’ più vuota, come se qualcuno avesse tirato fuori da me quelle parole che nascondo nel profondo e che non trovo mai il coraggio di far uscire, ma anche un po’ più piena, perché in un libro c’è sempre qualcosa di nuovo da imparare. Sono una persona che si immerge completamente nella storia, si immedesima nei personaggi in cui riconosce se stessa (quasi tutti, c’è sempre almeno una caratteristica per ogni personaggio in cui mi rivedo), al punto di sprecare spesso una lacrima (facciamo anche due) per un libro.
E, inevitabilmente, quando giro l’ultima pagina, mi ritrovo a riflettere sul significato del libro, sulle parole nascoste dell’autore, penso a come alcuni sentimenti accomunino davvero tutti.
Amo i libri perché mi danno uno spunto di riflessione, anche quelli che possono apparire più stupidi o che sembrano limitarsi al significato oggettivo della storia: “ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L’opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso” (Marcel Proust).
Leggere mi fa rendere conto che non sono sola, che anche Leo fa ogni giorno scoperte nuove, ma, come me, ha una pessima memoria e se non le scrive da qualche parte rischia di scordarsele e dovrà riscoprirle, pagando il prezzo di commettere di nuovo lo stesso errore; anche Silvia ha paura di condividere i suoi sentimenti; anche Beatrice trova conforto nello scrivere le sue emozioni e, nonostante tutto ha imparato ad essere felice; anche Nico non riesce a restare a lungo arrabbiato con i suoi amici, perché ne sente il bisogno.

L’aria fuori dal finestrino sta aumentando sempre di più, inizia ad essere fastidiosa, la magia di prima sta svanendo -perché le mie mani non riescono a scrivere allo stesso ritmo a cui navigano i pensieri nella mia testa?-

Ho chiuso quel libro, ho guardato fuori dal finestrino e mi sono sentita sopraffatta dall’incommensurabile bellezza degli alberi, del cielo, di tutto ciò che mi circonda. Sono profondamente innamorata della vita, della mia famiglia, dei miei amici, di tutto.
Sono calma, rilassata, pronta, mi sento così piccola rispetto a questa sensazione d’infinità che mi pervade.
E in queste situazioni capisco alcuni dei punti interrogativi che sono solita lasciarmi insoluti alle spalle. Capisco cosa intendeva Charlie di “Noi siamo infinito” dicendo che si era sentito infinito; capisco Albus Silente quando diceva che “la felicità può essere trovata anche nei momenti più bui se solo ci si ricorda di accendere la luce”, perché per essere felici bisogna impegnarsi a trovare il lato positivo (che c’è sempre, anche nelle cose più brutte); capisco Orazio quando ci dice “Nunc est bibendum”, perché la vita è una e ogni momento è buono per festeggiare ; infine capisco il caro Giacomo Leopardi, poiché, anche per me, in questo oceano d’infinità “il naufragar m’è dolce”. (Non prendete  per vera la mia interpretazione, questo è solamente una mia rivisitazione di frasi famose, potrebbero assumere significati diversi per ciascuno di noi e scusate se le citazioni non dovessero essere precise, ma non posso controllare su internet in questo momento).


Non vedo l’ora di partire, perché muoio dalla voglia di imparare, scoprire, fare esperienze, vivere.
Come avevo già scritto in un altro post, l’anno all’estero non inizia nel momento in cui si salva su quell’aereo: anche la sola iscrizione a questo programma di scambio mi ha insegnato tanto. Prima di concretizzare questo progetto, l’anno all’estero mi sembrava un sogno bellissimo, distante, irrealizzabile; iscrivermi mi ha fatto capire che, invece, i sogni, anche i più folli, si possono realizzare, basta essere disposti a lottare per il proprio desiderio e un pizzico di buona volontà. Non credete a chi vi dice il contrario. Abbiate fiducia in voi stessi e credete in quello che fate.
Mi sento una bambina ingenua (e probabilmente lo sono pure), ignara delle insidie del mondo, ma a me va bene così, lasciatemi sognare.

Lo so che questo post è scritto un po’ a caso, non ha un vero centro e, alla fine, non si capisce bene cos voglio dire. Perdonatemi, questo mio modo di scrivere rispecchia la mia testa confusionaria, con le sue idee in contrasto tra loro. Prima o poi riuscirò a dare un ordine a a questo caos che ho nella mente.
Grazie a chi è arrivato a leggere fin qui.

Vi lascio con una frase del libro di cui parlavo sopra che mi ha colpito molto:
“Se un sogno ha tanti ostacoli vuol dire che è quello giusto.” (A. D’Avenia)

Vostra, Frannie



Come avrete potuto capire dal titolo del post, ho scaricato anche io -finalmente- l'applicazione del countdown sul cellulare e, sì,  oggi segna che mancano solo 42 giorni. SOLO 42 GIORNI.
Come mi sento?
Non lo so neanche io. Ci sono momenti in cui l'unica cosa che vorrei fare è lasciare tutto e partire, altri in cui penso che non sono pronta e che vorrei avere ancora più tempo per stare con i miei amici.
Il tempo scorre sempre più velocemente.
Giugno è letteralmente volato, sarà perché non sono stata mai a casa (infatti scuasetmi se ultimamente ho trascurato il blog, ma sono stata davvero impegnata).
Vi racconto un po' della mia estate pre-partenza: l'8 giugno sono stata a Roma all'ambasciata americana per fare il visto (chiunque sia ancora in attesa di farlo non si preoccupi perché non è niente di che, ti controllano i documenti e ti fanno domande semplici come "dove andrai?" e "quanto tempo starai lì?" o in italiano o in inglese); la scuola è finita il 10 giugno e l'11 sono tornata a Roma per andare a Zoomarine; da lunedì 12 ho avuto uno stage di alternanza scuola lavoro e sono dovuta stare lì tutta la settimana tranne giovedì, quando sono andata a Firenze per incontrare altri ragazzi che partono con Youabroad. Come l'ultima volta, a Firenze mi sono trovata benissimo con loro ed è sempre bello incontrare di persona qualcuno con cui per tanti mesi hai parlato su whatsapp. Sabato 17 sono stata a Mirabilandia e domenica 18 sono andata all'orientation di Youabroad.
Ora non starò a raccontarvi per filo e per segno che abbiamo fatto all'orientation, ma posso dirvi che in circa 4 ore hanno saputo chiarirci a perfezione ogni dubbio, hanno risposto ad ogni domanda e, personalmente, mi hanno anche un po' spaventata (ma questo è il loro compito, devono farci partire senza aspettative). Se avete domande sull'orientation, chiedetemi pure in privato.
Da lunedì 19 sono stata al mare a Civitanova Marche e domenica sera sono finalmente tornata a Spoleto.
Domani mattina ho la visita per la celiachia, per controllare che tutto sia a posto prima di partire.
Ieri ho mandato la pagella di fine anno a Youabroad e giovedì devo fare l'ultimo vaccino. Prossimo step: partenza.
L'incombenza della data di partenza sta iniziando a pesare su di me, 42 giorni non sono niente. Ogni cosa che faccio si tinge di un tocco di malinconia. È inevitabile, ogni volta penso "e se questa fosse l'ultima volta che vedo questa persona?" "e se questa fosse l'ultima volta che faccio questa cosa?"
Non posso uscire una volta nella mia città senza  che mi venga posta quella domanda "ma tu quando parti?" accompagnata dalla promessa "una sera prima che parti stiamo insieme", io rispondo con un sorriso sincero, che mi viene davvero dal cuore, perché come potrebbe non farmi piacere che tutti si interessano alla mia partenza? E allora al sorriso aggiungo un rassicurante "certo" a cui, però, non credo mai veramente. L'estate non è infinita, so che è impossibile stare con tutti prima di quella fatidica data, ma cos'altro potrei rispondere? Mi limito ad assecondarli, preferendo la bella bugia alla brutta verità e cercando di nascondere la tristezza -mista a eccitazione- che mi assale.
Come vi avevo già detto in un altro post, sono sempre più convinta che l'anno all'estero non inizi dal momento in cui si prende l'aereo.
Un bacio,
Fran
(perdonateci la bandiera al contrario hahaha)

Da sinistra: Giorgia, io, Lea, Alyssa, Edoardo, Emanuele, Luisa e in basso Ginevra Iorio